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Contributo del C.I.D.T. alla settimana europea della mobilità sostenibile 2017 38 anni…

30 set in evidenza | Commenti disabilitati

Coordinamento Interassociativo Disabili – Torino
C.I.D.T.
Segreteria provvisoria
presso Coordinamento Para-tetraplegici del Piemonte onlus
c/o USU via Zuretti, 24 10126 Torino
email: info@cptorino.it/piergiorgio.maggiorot2@tin.it/antonio.castore@gmail.com/
mariafederica.daviso@gmail.com/simonavalinotti@gmail.com

38 anni…

 

Contributo del C.I.D.T. alla settimana europea della mobilità sostenibile 2017
Chi eravamo? Un gruppo informale di persone con disabilità (allora venivano chiamate ‘handicappate’) che si erano autonomamente organizzate nel gruppo informale autodefinitosi ‘Coordinamento Autogestione Handicappati’ (CAH).
Avevamo richiesto, un po’ provocatoriamente, “taxi per tutti”, nel ’79, poiché sapevamo che non c’era altra soluzione alla nostra domanda di mobilità.
Avevamo manifestato davanti al palazzo comunale di via Milano, occupandone l’atrio di ingresso, suscitando imbarazzo e sconcerto nei politici di allora. Il sindaco (Diego Novelli), l’assessora ai servizi sociali (Rosalba Molineri) e l’assessore ai Trasporti (Rolando) ci avevano ricevuti e ascoltato quel che avevamo da chiedere loro.
Ci hanno ascoltati.
Con la deliberazione del consiglio comunale di allora (18 maggio 1979) avevamo vinto e quasi non ci credevamo. Non ce l’aspettavamo, forse.
Allora le cose erano ben diverse rispetto alla situazione attuale (anche noi eravamo diversi….)
Nessun mezzo di trasporto pubblico era accessibile, né lo erano le strutture di terra.
L’idea era che si dovesse dare risposta ad una domanda di cui in realtà poco si sapeva.
E così abbiamo avuto i taxi.
Noi abbiamo sempre detto insistentemente che doveva trattarsi di una soluzione ‘transitoria’, “in attesa che i mezzi pubblici divenissero accessibili”.
Io credo che questo sia il messaggio che dobbiamo fare passare mediaticamente, soprattutto per evitare di fare il gioco di chi ci accusa di essere dei “privilegiati” che non tengono conto delle necessità di coloro che sono in lista d’attesa.
Dunque, innanzi tutto occorre ribadire che noi vogliamo che tram/bus/treni infrastrutture siano pienamente accessibili e fruibili da parte di tutte e tutti.
Vogliamo un sistema pubblico per tutte e tutti, a costo contenuto. Vogliamo essere informati in tempo reale sulla effettiva disponibilità di mezzi accessibili.
Vogliamo entrare nella “stanza dei bottoni” dove si decide l’uso delle risorse, per poter sostenere questa nostra prioritaria richiesta.

PS. Il CAH nel 1982 ha cessato di agire come tale: molte persone si sono allora ritrovate in organizzazioni di nuova costituzione che hanno continuato a battersi per la tutela dei diritti delle persone con disabilità. In particolare, per quanto riguarda il diritto alla mobilità, citiamo il CUMTA (Comitato Utenti dei Mezzi di Trasporto Accessibili) che è stata controparte attiva dell’Amministrazione comunale fino al 2009. Nello stesso anno si è costituito il C.I.D.T. (Comitato Interassociativo Disabili – Torino) che, pur con alcune defezioni ma anche con new entry, continua a rappresentare il mondo della disabilità in tutte le sue espressioni nel confronto con l’Amministrazione.

Nel frattempo….
E’ da più di 38 anni che si prolunga questo ‘frattempo’, con pochi cambiamenti che sono stati, per lo più, frutto dell’impegno costante di molti di noi: dobbiamo denunciare questa lunga, lunghissima attesa.
(Dimenticavamo: piena accessibilità e fruibilità è un valore aggiunto, non solo per noi).
Intanto: quali risposte è in grado di fornire la società che si dice civile?
A differenza di 38 anni fa, non sono pochi i mezzi pubblici e le infrastrutture a terra che sono stati resi accessibili (non per bontà ma perché lo si doveva fare, per legge – ed anche perché noi insistevamo per il rispetto della legge).
Alcuni/e di noi già usano i mezzi che è possibile utilizzare: vorremmo che ne aumentasse numero e qualità per tutti, in applicazione dei più aggiornati criteri di accessibilità e fruibilità in sicurezza (a proposito della qualità, con riferimento ai nuovi eco-bus, abbiamo osservato che questi mezzi non dispongono di cinture di sicurezza per chi si posiziona nel posto dei disabili, con possibili rischi per l’incolumità di queste persone).
Certamente, il dato riferito in molte occasioni (l’80% dei mezzi ed infrastrutture totalmente accessibili…) ci fa arrabbiare. Non coincide con quanto viviamo quotidianamente.

Nel frattempo…
Occorre respingere al mittente le decisioni che vengono propagandate come ‘eque’, ed assumere tutte le iniziative, anche legali, per bloccarle (anche ricorrendo al TAR contro gli atti che sembrino appellabili; inoltre c’è sempre la possibilità di denuncia di ‘discriminazione’ ai sensi della legge 67/06).

Cosa pensavamo (ed ancora pensiamo)?
A nostro parere occorre sostenere proposte di vera razionalizzazione (che non deve divenire, come a volte succede, macelleria sociale)
Noi vogliamo un ‘vero’ servizio di trasporto integrativo, componente del servizio pubblico, gestito efficientemente ed efficacemente utilizzando una flotta di mezzi attrezzati, che deve divenire parte del Trasporto Pubblico Locale (TPL). Per ottenere ciò (fatto che porterebbe a soluzione almeno in parte la questione della limitatezza delle risorse, dal momento che potrebbe fruire di risorse regionali) occorre far sì che l’insieme dei minibus attrezzati attualmente su strada (quelli della ditta convenzionata e di GTT, sicuramente insufficienti, ed utilizzati in modo non sempre efficiente) divenga ‘servizio di semilinea’ (non deve più essere servizio a domanda individuale – cui, in quanto tale, è applicabile l’ISEE).
Le ‘linee’ dovrebbero essere definite tenendo conto, almeno per ora, della domanda attuale di trasporto per trasferimenti programmati.
Il trasporto su tali mezzi, ovviamente, dovrebbe costare quanto si paga il biglietto di corsa ordinaria (per la verità, se volessimo essere pignoli, chi dispone della tessera regionale di libera circolazione sui mezzi di trasporto pubblico non dovrebbe pagare trattandosi di mezzi TPL ).
Chi attualmente utilizza il servizio taxi, se è in grado di spostarsi autonomamente verso i punti di ‘raccolta’ del sistema di semilinea, dovrebbe passare a tale servizio.
Come risolvere i problemi di chi non è in grado di spostarsi autonomamente (per esigenze programmabili – scuola-lavoro- progetti di vita indipendente ed autonoma – attività di volontariato, ecc.)?
Si potrebbe pensare che in questi casi il mezzo devii verso l’abitazione od il luogo che indicherà l’interessato.
Certo, resterebbero tagliate fuori da questo modello le esigenze di coloro che si muovono al di fuori di ogni programmazione, in orari imprevisti, che non devono obbligatoriamente utilizzare un mezzo attrezzato, ecc.
A queste esigenze occorrerebbe dare risposta non tanto con il sistema dei minibus attrezzati (di costo ben superiore a quello dei taxi, se utilizzati per corse singole) ma i taxi attrezzati (che tra l’altro sono più gradevoli).
Inoltre, questo modo di prefigurare un servizio pubblico integrato ed accessibile andrebbe a vantaggio anche di persone con disabilità di passaggio a Torino.
Il costo? quello contrattato dal Comune – con la nostra partecipazione – con le cooperative dei taxisti (che però non sappiamo se veramente vogliano introdurre taxi davvero accessibili, nella quota che la legge vigente percentualmente impone, rispettando le regole del servizio).
In questi casi si porrebbe il problema se introdurre o meno la valutazione del reddito individuale per la concessione del diritto all’utilizzo dei taxi accessibili (che invece non va posto quando si utilizza il sistema di trasporto accessibile di semilinea).
Attualmente una delibera del Comune impone una valutazione dei livelli reddituali per tutti i sistemi di trasporto (effettuati sia con mezzi accessibili – pulmini attrezzati – che non attrezzati – i taxi).
Noi restiamo fortemente contrari ad una valutazione del reddito nel caso di utilizzo dei mezzi attrezzati che, a nostro parere, vanno considerati come mezzi integrativi del sistema di trasporto pubblico locale.
Ma sembra proprio che la discussione sia considerata definitivamente chiusa.
Si vedrà.

Uso del sistema per fini di salute.
Un servizio quale quello da anni disponibile per i nefropatici dializzati potrebbe essere esteso anche ad altre persone necessitanti (attività ‘salvavita’) di periodico accesso ai centri regionali di riferimento (pensiamo ai centri oncologici, alle unità spinali, ai centri di riabilitazione di secondo e di terzo livello, ai centri di riabilitazione visiva, agli esami strumentali, alle visite specialistiche necessarie per la prevenzione di complicanze od il loro trattamento, ecc.).
In ogni caso, per tali esigenze il servizio non può essere tagliato: occorrerà forse più attenzione per individuare le prestazioni irrinunciabili, ed evitare di dare risposta ad esigenze non indispensabili od inappropriate.
I costi dovrebbero essere a carico della sanità (cioè delle ASL). E’ disponibile il Comune (sostenuto dalle associazioni) ad aprire un confronto con la Regione?
Nel 2009 l’assessora regionale alla sanità (Eleonora Artesio) aveva espresso un parere sostanzialmente favorevole a tale ipotesi. Ma poi non se ne è fatto più nulla.

Le persone con disabilità intellettiva
E’ un tema delicato, che al nostro interno ha suscitato spesso difformità di vedute.
Molti di noi hanno sempre sostenuto che si dovessero studiare ed attuare forme di sostegno alla mobilità di persone con disabilità intellettiva o relazionale, nell’ambito del diritto di/per tutte le persone con disabilità, da definire con le associazioni e che si occupano di chi ha problematiche quali quelle citate.
Altri non hanno voluto aprirsi a tale prospettiva, correndo il rischio di ‘categorizzare’ la fruizione del diritto.
Ci viene incontro, tuttavia, la recente Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (2006) che nell’indicare tra i diritti anche quello alla mobilità non distingue tra ‘categorie’ (fisici. intellettivi, sensoriali) che anzi vengono considerate superabili con intelligenza ed inventiva, sempre coinvolgendo i diretti interessati e le loro famiglie.
Riteniamo che alla luce di tutto ciò si debba sempre parlare di ‘diritti’ per tutte/i, evitando di chiudersi nel recito del particolarismo e dell’egoismo di parte.

Obiezioni
Ma così non si dà risposta all’esigenza di ‘risparmio’ del Comune!!!! (Soldi subito).
Vero: però quanto detto deve comunque restare sullo sfondo. Ci sono questioni irrinunciabili (soprattutto l’accelerazione degli interventi per rendere accessibile e fruibile il sistema pubblico di trasporto – con la nostra presenza) che non sono contrattabili, e sono la precondizione per potersi ‘sedere’ a qualsiasi tavolo di trattativa.
Il punto di partenza per qualsiasi discussione debbono essere l’art. 26 della legge 104/92 e l’art. 20 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro parlamento con legge 3 marzo 2009 n. 18.
Il diritto alla mobilità è comunque indiscutibile.
Qualcuno aveva avuto la folle idea di tagliare drasticamente il servizio agli ultra settantenni. Non credo che sia eticamente sostenibile: vero che a quell’età i ‘vecchietti’ vanno meno in giro (salvo coloro che cominciano a divertirsi veramente solo dopo essere andati in pensione), non lavorano, non vanno a scuola (esclusi i volenterosi che vanno all’università della terza età…) , però man mano che si invecchia aumentano le esigenze sanitarie e socio-sanitarie.
Noi pensiamo che le risposte ai bisogno ‘veri’ di tutti/e debbano essere garantiti. Anche quelli dei vecchietti.

Ma allora dove “tagliare”?
A noi pare che alcune proposte di ‘razionalizzazione’ fossero già espresse dal mondo delle associazioni: tipo quella di ridurre al minimo i buoni assegnati ai possessori/utilizzatori di mezzo privato di trasporto e di eliminare ogni forma di illegalità da parte dei fruitori e dei gestori del trasporto mediante taxi.
Inoltre le associazioni sottolineavano il fatto che si dovrà accettare che la progressiva accessibilità dei mezzi pubblici (accessibilità vera, che tenga conto delle diverse esigenze dei fruitori) avrebbe determinato di per sé minori costi per l’amministrazione.
Questo è quanto pensavamo (ed ancora pensiamo).

Tuttavia, a partire dal 7 maggio 2012 tutto è stato stravolto,
passando sulle nostre teste, in barba ai principi di partecipazione. Viene approvata da Consiglio comunale una deliberazione con la quale si modifica il Regolamento del servizio, introducendo norme che di fatto negavano il diritto alla mobilità a quanti usufruivano del servizio di trasporto mediante taxi, ed introducendo forti limitazioni all’utilizzo del mezzo attrezzato. L’introduzione della valutazione ISEE come criterio di esclusione (di fatto) dal servizio per i redditi più elevati (quelli da lavoro e pensionistici) pone in forte difficoltà molte persone con disabilità ed in particolare i ciechi assoluti.
I contenuti della delibera del 2012 vengono successivamente confermati e se possibile, peggiorati con la delibera del novembre 2016 con la quale la nuova amministrazione ‘grillina’, per ‘ottemperare’ alla sentenza del Consiglio di Stato che bocciava la parte della delibera del 2012 che non prevedeva l’ISEE per gli utilizzatori del mezzi attrezzati, dispone che anche questi ultimi siano soggetti ad una valutazione ISEE del reddito nella definizione della quota “partecipata” dal Comune al costo del trasporto.
E dire che le associazioni di persone con disabilità riunite nel C.I.D.T. (Coordinamento Interassociativo Disabili – Torino) avevano insistito affinchè ai bisogni di mobilità dei non vedenti si desse risposta consentendo loro l’utilizzo dei mezzi attrezzati e/o organizzando un servizio “sperimentale” di trasporto programmato tenendo conto delle necessità dei singoli.
Si è preferito fare ‘cassa’, ed una ben misera cassa, penalizzando i fruitori dei mezzi attrezzati.
Inoltre il servizio, anche quest’anno, è stato miseramente finanziato: l’assessora La Pietra si è vantata di aver ottenuto che il finanziamento del 2016 fosse garantito tale quale nel bilancio di previsione del 2017. Peccato che l’ammontare di quanto previsto per il 2017 (1 milione e 200 mila euro a fronte di più tre milioni impegnati e spesi nel 2013 – con riferimento sia a quanto messo a bilancio preventivo sia a quanto ‘assestato’ a fine anno) non risulti sufficiente a garantire l’accesso al servizio delle persone che ne hanno diritto e che attualmente sono collocati in una infinita ‘lista d’attesa’.

Alle associazioni delle persone con disabilità non resta dunque che continuare a battersi per la piena attuazione del diritto alla mobilità, nella convinzione che nulla verrà mai regalato, e tale diritto continuerà ad essere motivo di confronto, anche duro, con qualsiasi amministrazione.

Torino, 22 settembre 2017

Il C.I.D.T.

Fanno attualmente parte del Coordinamento Interassociativo Disabili -Torino – C.I.D.T. – le seguenti associazioni:
Associazione di Persone con disabilità intellettiva – ANFFAS Torino
Associazione di Persone Retinopatiche ed Ipovedenti – APRI Torino
Unione Lotta alla Distrofia Muscolare – UILDM Torino
Coordinamento Para-tetraplegici – CP – Torino
Associazione Traumi Encefalici – ATE – Torino
Associazione Persone con Impianto Cocleare – APIC- Torino
APISTOM Torino
Centro Persone Down – CEPIM – Torino